Estratto dal diario di viaggio: mare di Weddell e Antartide            

Giornata dedicata alla navigazione dalle Orcadi alla penisola antartica, attraverso il mare di Weddell. La Plancius slalomeggia tra infiniti iceberg tabulari. Megattere e altre specie di balene, probabilmente fin whales, vicino alla nave e in lontananza. I blocchi di ghiaccio galleggianti sono affollati da pinguini (gentoo e Adelia) che si lasciano trasportare dolcemente dalla corrente tuffandosi ogni tanto alla ricerca del krill. Altri invece con grandi balzi fuori dall’acqua stanno tornando verso la colonia dove probabilmente li aspettano la compagna e i pulcini affamati, ai quali rigurgiteranno una parte del cibo ingerito. La luce del mattino fa splendere i panorami che scorrono davanti agli occhi, accentuando il contrasto tra il candore del ghiaccio e l’acqua turchese. Semplicemente stupendo.

Dopo un nuovo biosecurity vacuuming, cioè la pulizia e l’aspirazione degli indumenti e delle attrezzature, nel pomeriggio entriamo nel Bransfield Strait passando accanto all’isola D’Urville, propaggine della penisola antartica, con mare praticamente piatto.

Alla sera il cielo è quasi sereno: si profilano un tramonto e un’alba eccezionali.

 

Paulet Island     

4 gennaio. La giornata inizia prestissimo per i più mattinieri. Una splendida alba alle 2.52 del mattino trafigge la nebbia e le nuvole. Levataccia, ma ne valeva davvero la pena. E’ una di quelle albe da cartolina che tingono di rosa il cielo e le vette delle montagne, quelle che prima di partire pensi “non le vedrò mai dal vivo, le mettono sui dépliant solo per invogliarti al viaggio”. Invece siamo qui ad assistere allo spettacolo del sole che sorge dalle acque e si fa strada tra gli iceberg, mentre la luce passa da rosa a arancione a giallo intenso. Mentre il sole spunta da dietro le montagne innevate, due ragazzi si baciano sul pulpito di prua della nave. Applausi scroscianti della ventina di nottambuli che hanno rinunciato al sonno per vedere la spettacolare alba antartica. 

Primo sbarco antartico sulla piccola Paulet Island, che geograficamente fa parte della Terra di Graham. Su questa isola trovarono rifugio, a distanza di pochi anni, sia i naufraghi della spedizione Nordenskjöld-Larsen, sia l’equipaggio di Shackleton dopo il collassamento dell’Endurance con cui speravano di raggiungere la costa antartica.

Sulla spiaggia una foltissima colonia di pinguini di Adelia ci accoglie tra frastuoni e schiamazzi. Saranno almeno 100.000 coppie. Al rumore si accompagna un olezzo maleodorante dovuto all’accumulo di deiezioni dei pinguini sparse dappertutto (depositi che sono rosa perché i pinguini si nutrono di krill). La puzza purtroppo si attacca agli indumenti e ce la porteremo addosso anche in cabina, dove solo con l’aiuto degli addetti alle pulizie e alla lavanderia della Plancius riusciremo a eliminarla.

Assistiamo a scenette comiche di gruppetti di pinguini che si spostano dietro a un leader occasionale incerti sul da farsi: mi butto io, no ti butti tu, no proviamo da un altro scoglio… fino a quando uno rompe gli indugi e si tuffa tra i ghiacci, e allora alé, tutti dentro dietro il precursore.

Sopra la colonia volteggiano varie specie di uccelli che l’esperto Fritz Hertel ci presenterà sulla nave. Ci sono white petrels (ossifraghe bianche), snowy sheatbills (chioni bianchi), Wilson storm petrels (uccelli delle tempeste), cormorani imperiali, fulmari del sud. Una enorme procellaria gigante, la più grande che abbiamo visto finora, sorvola più volte la battigia e la scogliera dove ci sono i nidi, alla ricerca di uova, placente o pulcini di pinguino abbandonati dai genitori e quindi facili da predare.

Al ritorno con lo zodiac facciamo una breve ma entusiasmante crociera tra gli iceberg e le banchise dove altri pinguini e le foche di Weddell si godono il bel tempo saltando dentro e fuori dall’acqua blu brillante. Alcuni si tuffano alla ricerca del krill, mentre altri che hanno finito di rimpinzarsi guizzano fuori dall’acqua come spinti da una molla e tornano sul ghiaccio. Riesco a scattare una foto proprio a un pinguino che schizza fuori dall’acqua turchese e si proietta su un iceberg alto un metro e mezzo. E’ un momento difficilissimo da cogliere, perché l’attimo in cui il pinguino emerge dall’acqua è assolutamente imprevedibile. Questa foto un po’ fortunata vince il foto-contest della Plancius. Premio… un certificato di adozione di un pinguino del Falkland Conservation Institute. 

Nel pomeriggio era previsto lo sbarco sulla terraferma antartica a Brown Bluff, ma un repentino passaggio dal sole del mattino a nuvole e pioggia rovina il programma. Alla sera cadono anche fiocchi di neve.

 

Sbarco in Antartide: Portal Point

5 gennaio. Dopo una notte di navigazione verso sud nel nevischio e nella nebbia, ci siamo risvegliati a Charlotte Bay, una baia della terra di Graham nella penisola antartica dove confluiscono ben 5 ghiacciai: Nobile, Bozhinov, Krebs, Wellman e Renard. I paesaggi dell’Antartide hanno una grandiosità e una luminosità che incantano, anche quando il cielo è nuvoloso come oggi.

Lo sbarco sul sesto continente avviene a Portal Point, una baia penguin-free scelta apposta per permettere a una quindicina di temerari (o pazzi scatenati?) di fare il bagno (“polar plunge”) nelle gelide acque antartiche, per di più alle 8 e mezza di mattina. Temperatura esterna 4 °C, temperatura dell’acqua 1.8 °C. Per fortuna l’organizzazione ha portato un saccone di salviette, per asciugare immediatamente i bagnanti, consentendogli di rivestirsi in fretta e ritornare a bordo della nave a scaldarsi senza rischiare la polmonite.

La baia è molto bella, con iceberg fluttuanti in due insenature e cuffie di neve sulle montagne che fanno da contorno. Per ammirare il panorama saliamo su una collinetta, tra tragicomici affondamenti nella neve fresca caduta nella notte. 

Come avevamo fatto anche a Grytviken, come gruppo italiano festeggiamo l’approdo sulla terraferma antartica con una bella foto ricordo con tanto di tricolore spiegato, tra gli sguardi perplessi dei compagni di viaggio.

Portal Point è il punto più a sud del nostro viaggio: 64° 30’ di latitudine sud.

 

Cierva Cove 

Nel pomeriggio, mentre il sole che è uscito dalle nuvole rende ancora più belli i maestosi paesaggi di questa terra, facciamo una zodiac cruise nell’insenatura di Cierva Cove, nella Hughes Bay.

La crociera sullo zodiac è piena di sorprese e di emozioni. Si comincia con due avvistamenti di foche leopardo appollaiate su lastroni di ghiaccio. Preghiere da parte di tutti: apri la bocca per favore… La speranza è quella di vedere gli aguzzi denti triangolari di queste foche carnivore, che si nutrono di pinguini e piccole foche, ma le nostre sonnecchiano pacifiche e gli unici movimenti che fanno sono un leggero sollevamento della testa e delle pinne. Indolenti!

A seguire, ci avviciniamo alla base argentina Primavera che sta sulla scogliera nord, osservando l’andirivieni di pinguini gentoo e chinstrap (finalmente vediamo un bel gruppo anche di questi). Ormai siamo esperti e riusciamo a riconoscere il tipo di pinguino anche da lontano… Mentre siamo lì a fotografare i pinguini notiamo un forte movimento ondoso a un centinaio di metri di distanza. Uno sbuffo violento di acqua nebulizzata toglie ogni dubbio: è una balena che si aggira tra gli iceberg. Inseguimento immediato del cetaceo, che per un po’ gioca a nascondino con noi, poi finalmente si lascia raggiungere. E’ una bellissima minke whale di 10-12 metri, la specie più piccola tra tutte le balene, che si mette in posa esibendo la testa fuori dall’acqua. Almeno un paio di volte si diverte a passare sotto lo zodiac, provocando il panico nel gruppo, perché è chiaro che con una codata ci farebbe ribaltare tutti in acqua. Ma la nostra simpatica minke ha altro per la testa. Probabilmente è indaffarata a cercare del krill e si allontana scomparendo dietro un grande iceberg azzurro.

Proprio gli iceberg azzurri sono quelli che adesso ci appaiono in tutta la loro bellezza. Ne circumnavighiamo uno in cui l’acqua ha scavato archi e cunicoli, cercando un’inquadratura che consenta di vedere la Plancius attraverso l’arco più grande. Attorno ci sono anche alcune foche crabeater, che vorrebbe dire “mangiatrici di granchi”, anche se in realtà i granchi non fanno affatto parte della loro dieta. Il nome va riferito ai crostacei di cui si nutrono, soprattutto gamberetti.

Una zodiac cruise meravigliosa, che desideravamo non finisse mai. Tutti riluttanti a tornare alla nave, dove però ci accolgono con un bel bicchiere di cioccolata calda rinforzata con rhum.

Tra straordinari paesaggi dell’Antartide che si susseguono uno dopo l’altro, la nave a poco a poco si allontana puntando verso nord. Nella notte lasceremo il continente antartico. E’ previsto l’attraversamento dello stretto di Bransfield per raggiungere la prossima destinazione, le Shetland meridionali.